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Calciatori a Perth: libertà di espressione o ribellione?

La recente vicenda relativa all’amichevole Milan-Como disputata a Perth ha riacceso un dibattito cruciale: il diritto alla libera espressione dei calciatori e il delicato equilibrio tra responsabilità professionale e tutela del benessere individuale.

Le dichiarazioni di Adrien Rabiot, definendo l’iniziativa “folle”, e la conseguente risposta dell’amministratore delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo, hanno catalizzato l’attenzione su un tema più ampio, riguardante l’etica del calcio moderno.

Il sindacato calciatori, attraverso la voce del suo presidente Umberto Calcagno, intende distanziarsi da una lettura superficiale e polemica, ribadendo che le riflessioni di un atleta, anche se critiche, non debbono essere strumentalizzate in relazione alla sua remunerazione.

Il professionismo, sebbene richieda impegno e dedizione, non può annullare la legittima voce di chi, in prima persona, sperimenta le pressioni e le conseguenze fisiche di un calendario calcistico sempre più fitto.

La categoria, storicamente consapevole del suo ruolo nel complesso ecosistema del calcio, ha costantemente dimostrato un’attitudine collaborativa nella ricerca di nuove opportunità di finanziamento e sviluppo.
Tuttavia, ciò non deve oscurare una crescente preoccupazione, espressa dai protagonisti in campo, relativa alla sostenibilità delle performance e alla qualità dello spettacolo offerto.

I calendari congestionati, le trasferte estenuanti e i tempi di recupero inadeguati rappresentano un carico significativo per i calciatori, con ripercussioni tangibili sulla loro salute fisica e mentale, e di conseguenza sulla loro capacità di offrire prestazioni all’altezza delle aspettative.
Non si tratta, quindi, di un mero capriccio o di una mancanza di spirito di sacrificio, bensì di una necessità impellente di ripensare l’organizzazione delle competizioni calcistiche.

Il dialogo costruttivo tra calciatori, società, leghe e federazioni è essenziale per individuare soluzioni condivise, che tengano conto degli interessi di tutti gli attori coinvolti.

Trovare un punto di equilibrio tra la necessità di generare ricavi, la volontà di offrire un intrattenimento di alto livello e il benessere dei calciatori, non è un compito facile, ma è un imperativo etico e sportivo per garantire la vitalità e la sostenibilità del calcio nel lungo termine.
La questione non è semplicemente quella di una singola amichevole in Australia, ma di un sistema che necessita di una profonda riflessione e di un’urgente revisione.

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