giovedì 14 Agosto 2025
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Profanazioni alla lapide del maresciallo Berardi: un’onta e un appello alla memoria.

La lapide del maresciallo Rosario Berardi, figura simbolo nella lotta alla criminalità organizzata e vittima dell’efferato agguato delle Brigate Rosse il 10 marzo 1978, continua a essere teatro di gesti irrispettosi e profanazioni che riverberano un dolore antico e una ferita mai completamente rimarginata.

È il figlio, Giovanni Berardi, a sollevare nuovamente la denuncia, testimone diretto di un’offesa che si ripete nel tempo, un’aberrazione che affligge profondamente la sua famiglia e intere generazioni.
Lungi dall’essere un semplice atto vandalico, la profanazione della lapide si configura come una lesione alla memoria collettiva, un insulto alle vittime del terrorismo e un’umiliazione per chi, come Giovanni Berardi, ha vissuto sulla propria pelle la perdita di un padre e di un eroe.
L’immagine di un defunto maresciallo, caduto combattendo per la legalità, ridotto a riparo per dormienti, è un’onta che va oltre la comprensione razionale.
Giovanni Berardi, con un misto di rassegnazione e determinazione, descrive un sentimento complesso: la gratitudine per i tentativi di ripristino del muro adiacente, promessi da Italgas, e un rammarico per la persistenza di comportamenti che negano alla sua famiglia anche la più elementare dignità.

L’assenza di un gesto di rispetto, la mancanza di un fiore ad adornare il monumento, si trasformano in un sintomo preoccupante di un disinteresse diffuso, di una perdita di valori che incide profondamente sul tessuto sociale.

L’anniversario della morte del maresciallo, ormai distante di quasi mezzo secolo, non sembra placare la ferocia di questi gesti.

Torino, città custode di un passato travagliato e segnato da profonde divisioni, ospita numerose lapidi commemorative di eventi storici dolorosi.
Tuttavia, è singolare che solo quella dedicata a Rosario Berardi sembri essere oggetto di tali ripetute profanazioni.
Questa peculiarità solleva interrogativi inquietanti, suggerendo una miriade di possibili motivazioni, che vanno dall’ignoranza deliberata all’ostilità ideologica.
La testimonianza di Giovanni Berardi non è solo un grido di dolore, ma un appello alla coscienza civile.

Un monito a non dimenticare le vittime del terrorismo, a onorare la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita per la difesa della libertà e della giustizia.
La sua fatica è quella di un figlio che, nonostante il tempo trascorso, continua a lottare per ottenere un po’ di pace, per veder riconosciuto il valore del padre e per preservare la sua memoria dalla barbarie.
L’auspicio è che, attraverso l’impegno delle istituzioni e la sensibilità della comunità, la lapide di Rosario Berardi possa finalmente trovare il rispetto e la serenità che merita.

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