La recente vicenda riguardante la gestione della fauna selvatica in Val Venosta, e in particolare l’episodio che ha visto coinvolti due esemplari di lupo, solleva questioni complesse e cruciali per la coesistenza tra uomo e natura.
Il Consiglio di Stato, pur avendo inizialmente sospeso il decreto provinciale che ne prevedeva l’abbattimento, ha dichiarato improcedibile l’appello presentato da diverse associazioni animaliste (Enpa, Lav, Lndc Animal Protection), motivando la decisione con la scadenza del termine di validità del provvedimento stesso, fissata al 29 settembre.
Un evento già tragico, visto che uno dei due lupi era stato precedentemente abbattuto il 12 agosto.
L’episodio evidenzia una problematica più ampia: la precarietà dello status di protezione della fauna selvatica in Italia, un tema che si incrocia con le recenti direttive europee, che tendono a una revisione delle misure di conservazione.
Sebbene la perdita di un animale sia un danno irreparabile, le associazioni animaliste sottolineano come l’intervento legale tempestivo abbia permesso di salvare il secondo lupo, altrimenti destinato all’abbattimento.
La vicenda non si esaurisce con la salvezza dell’animale, ma apre un dibattito sull’opportunità di valutare, in ogni caso, soluzioni alternative all’eliminazione diretta della fauna selvatica.
La Direttiva europea prevede infatti una serie di misure non letali, efficaci e soddisfacenti, per prevenire danni agli allevamenti e garantire la sicurezza delle persone, come ad esempio l’utilizzo di recinzioni elettrificate, la translocazione degli animali, la compensazione dei danni subiti dagli allevatori e l’adozione di tecniche di pastorizia innovative.
Le associazioni animaliste si appellano ora al TAR di Bolzano, auspicando una piena considerazione delle argomentazioni avanzate, al fine di dichiarare illegittima l’uccisione del lupo già avvenuta e, più in generale, di promuovere un approccio più sostenibile nella gestione della fauna selvatica.
L’accusa è chiara: l’azione provinciale, seppur giustificata con la necessità di tutelare gli interessi degli allevatori e dei cacciatori, appare come una manovra volta a ottenere consenso elettorale a discapito del rispetto per la biodiversità e dell’applicazione delle normative vigenti.
La vicenda, quindi, si configura non solo come un dramma per un singolo esemplare di lupo, ma come un campanello d’allarme sulla necessità di ripensare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, privilegiando la prevenzione e la ricerca di soluzioni pacifiche e durature, in grado di conciliare la tutela della fauna selvatica con le esigenze delle comunità locali.
L’eredità più importante da trarre da questo episodio è la richiesta di giustizia non solo per il lupo scomparso, ma per il futuro stesso della convivenza tra uomo e natura in un territorio fragile e prezioso come quello alpino.








