mercoledì 10 Settembre 2025
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Abano Terme: Tragedia e Silenzio, Richiesta l’Ergastolo

La tragedia di Abano Terme si è materializzata in un atto di violenza inaudita, un’ombra che ha avvolto tre vite, spegnendole bruscamente: Nicoleta Rotaru, vittima di un omicidio mascherato da suicidio, e le sue due figlie, destinate a crescere senza una madre, nel vuoto lasciato da un padre accusato di averle private del loro futuro.

La requisitoria del pubblico ministero Maria Ignazia D’Arpa, un catalogo di dolore e di violazione dei diritti umani, ha squarciato il velo di apparenza, svelando una dinamica di sopraffazione e terrore.
L’uomo, Erik Zorzi, si è mostrato incapace di sopportare la ricostruzione dei fatti, un gesto che, di per sé, testimonia una colpa implicita, un tentativo di sottrarsi alla gravità delle accuse.

La Procura Generale ha richiesto la massima pena prevista dalla legge, l’ergastolo, aggravato dalla decadenza della potestà genitoriale, una misura necessaria per tutelare il benessere psicologico e fisico delle figlie, esposte, anche in futuro, a un rischio incalcolabile.
La vicenda, durata anni, si è dipanata come un percorso in salita, segnato dalla paura e dall’isolamento.
Nicoleta, separata legalmente dal marito da gennaio 2023, aveva cercato di documentare, attraverso registrazioni audio sul suo smartphone, una spirale di comportamenti vessatori e intimidazioni, una sorta di diario dell’orrore.

L’ultimo frammento audio, registrato alle 4:23 del mattino, il grido disperato di una donna sull’orlo del baratro, un “Erik, ti prego.
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“, seguito da un rantolo straziante, si configura come un appello impotente, un tentativo disperato di chiedere aiuto che è giunto troppo tardi.

Il materiale raccolto, mille ore di registrazioni audio, costituisce un corpus probatorio di inestimabile valore, un archivio di abusi che svela la reale portata della violenza subita da Nicoleta e, indirettamente, dalle sue figlie.

Insulti, minacce, umiliazioni: un repertorio di comportamenti inaccettabili che hanno contribuito a creare un clima di terrore all’interno del nucleo familiare.

La tardiva arrestazione di Zorzi, sette mesi dopo la morte della moglie, evidenzia le lacune del sistema, l’inerzia delle istituzioni.

La pm D’Arpa ha lanciato un’accusa ancora più pesante: quella di una responsabilità collettiva, di una comunità complice per omessa denuncia.

Nonostante ripetuti accessi delle forze dell’ordine nell’abitazione, nonostante la consapevolezza diffusa della situazione di pericolo, nessuno ha attivato il Codice Rosso, nessuno ha sporto denuncia.

Questa omissione, questa silenziosa acquiescenza, ha contribuito a creare un ambiente in cui la vittima si è sentita abbandonata, isolata, condannata a subire in silenzio l’oppressione del suo carnefice.

Il processo prosegue con la presentazione delle richieste delle parti civili e le arringhe conclusive della difesa, un ultimo tentativo di attenuare le responsabilità dell’imputato.
La sentenza, attesa per il 29 settembre, rappresenterà un momento cruciale, non solo per la giustizia nei confronti di Nicoleta Rotaru, ma anche per la consapevolezza della società, per la necessità di contrastare la violenza di genere con maggiore determinazione e sensibilità, per garantire che tragedie simili non si ripetano più.

Il caso Zorzi, al di là della pena inflitta, si configura come un monito per l’intera comunità, un invito a rompere il silenzio, a proteggere le vittime, a costruire un futuro in cui la dignità e la sicurezza di ogni individuo siano inviolabili.

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