L’annuncio di Base Popolare, che prospetta una radicale riorganizzazione del sistema universitario marchigiano, suscita legittime perplessità e richiede un’analisi approfondita, ben al di là di una semplice reazione di sorpresa. La proposta, che vorrebbe cancellare le identità consolidate delle Università di Ancona, Camerino, Macerata e Urbino per fonderle in un’unica entità, rischia di snaturare un patrimonio culturale e scientifico secolare, sacrificando specificità e vocazioni consolidate sull’altare di una presunta efficienza amministrativa.La fusione non è sinonimo di innovazione. Al contrario, la frammentazione, la diversificazione, la capacità di ciascun ateneo di coltivare le proprie peculiarità rappresentano spesso la linfa vitale della ricerca e della formazione di qualità. Centralizzare non implica necessariamente ottimizzazione; anzi, può soffocare l’autonomia, la creatività e la capacità di adattamento che sono cruciali per affrontare le sfide del XXI secolo. Si tratta di una visione miope, un tentativo di semplificare eccessivamente un ecosistema complesso, ignorando la ricchezza che deriva dalla coesistenza di diverse prospettive e approcci.L’alternativa, proposta con coerenza da Matteo Ricci, si discosta radicalmente da questo approccio centralizzatore. Si tratta di un modello federato, che valorizza l’autonomia delle singole università, promuovendo al contempo la collaborazione e l’integrazione su scala regionale. Un sistema che riconosce il valore intrinseco di ciascun ateneo, incoraggiando la condivisione di risorse, competenze e infrastrutture, senza compromettere la loro individualità. La vera innovazione non si trova nell’omologazione, ma nella capacità di creare sinergie, di costruire ponti tra discipline diverse e territori differenti.Questo approccio, lungi dall’essere un mero esercizio retorico, si fonda su un dialogo aperto e costruttivo con tutti gli attori coinvolti: rettori, docenti, studenti, ricercatori, rappresentanti delle imprese e delle istituzioni locali. Una riforma organica e duratura non può essere imposta dall’alto, ma deve emergere da un processo partecipativo, che tenga conto delle esigenze e delle aspirazioni di chi vive e opera nel mondo universitario. La burocrazia, spesso percepita come un ostacolo alla crescita e all’innovazione, deve essere ridotta al minimo, lasciando spazio alla creatività e all’iniziativa.È fondamentale superare le semplificazioni e le caricature che spesso caratterizzano il dibattito pubblico. Matteo Ricci non si propone come un risolutore di problemi, ma come un amministratore esperto, riconosciuto per la sua competenza e integrità, animato dalla volontà di ridare slancio alla regione. Le richieste che giungono dal territorio non sono un’implorazione di soluzioni miracolose, ma un invito a impegnarsi in un percorso di rinnovamento, fondato sulla serietà, la competenza e il coraggio.Le Marche hanno bisogno di una visione condivisa, concreta, che sappia coniugare tradizione e innovazione, autonomia e collaborazione. Il futuro non è un destino ineluttabile, ma un progetto da costruire insieme, con umiltà, competenza e una profonda consapevolezza della responsabilità che ci compete nei confronti delle generazioni future. Un futuro in cui l’eccellenza universitaria marchigiana possa continuare a brillare, contribuendo attivamente alla crescita culturale, sociale ed economica del territorio.