L’imperativo morale di offrire asilo a coloro che fuggono da contesti di violenza e persecuzione, che vedono la propria esistenza radicalmente minacciata, si erge come un pilastro della nostra coscienza collettiva. Non si tratta di una scelta, bensì di un dovere intrinseco alla dignità umana. Tuttavia, questo dovere non deve avviluppare e confondere con la complessità delle migrazioni economiche, fenomeni profondamente diversi per motivazioni e implicazioni. La tendenza mediatica, spesso semplificatrice, a livellare queste due realtà distorce la percezione pubblica e impedisce una comprensione accurata delle sfide e delle opportunità che entrambe presentano.Come ha lucidamente osservato Abdulrazak Gurnah, premio Nobel per la letteratura, durante la sua partecipazione a “La Milanesiana”, l’evento ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi e ospitato nella suggestiva cornice della Villa Medicea La Ferdinanda, a Artimino, la distinzione è cruciale. Gurnah, la cui opera esplora con profondità le esperienze di esilio, identità e appartenenza, ci invita a riflettere sulla sottile ma significativa differenza tra la fuga disperata per salvarsi la vita e la ricerca di opportunità economiche, seppur spesso motivata da condizioni di precarietà.La questione dell’accoglienza non può essere ridotta a un mero calcolo di costi e benefici. Richiede una profonda riflessione etica, una capacità di empatia e un impegno a comprendere le radici profonde che spingono individui e famiglie a lasciare le proprie case, spesso abbandonando tutto ciò che conoscono. L’esilio, come Gurnah sa bene, non è solo un cambiamento di luogo fisico, ma una profonda trasformazione identitaria, un trauma che si sedimenta nell’anima e che richiede tempo, sostegno e comprensione per essere elaborato.La commistione tra rifugiati ed emigranti economici, alimentata da un linguaggio impreciso e da una narrazione spesso sensazionalistica, rischia di sminuire la gravità della situazione dei rifugiati, privandoli della priorità di protezione che la Convenzione di Ginevra garantisce. Allo stesso tempo, stigmatizza le persone in cerca di migliori condizioni di vita, riducendole a meri numeri o a oggetti di sconcerto.“L’infinito tra matematica e letteratura”, il tema dell’evento a cui Gurnah ha partecipato, suggerisce una visione più ampia: l’esplorazione dei limiti del nostro pensiero e della nostra immaginazione, la capacità di andare oltre le apparenze per cogliere la complessità dell’esperienza umana. In questo contesto, l’accoglienza e l’integrazione di persone provenienti da contesti diversi non dovrebbero essere visti come un problema da risolvere, ma come un’opportunità per arricchire il nostro tessuto sociale e culturale, aprendoci a nuove prospettive e a nuove forme di comprensione del mondo. La sfida non è solo quella di offrire un tetto e del cibo, ma di creare un ambiente accogliente e inclusivo dove ogni individuo possa sentirsi valorizzato e possa contribuire al bene comune.