Un’ombra di incertezza si allunga sul panorama economico mondiale, segnando un’inversione di tendenza rispetto alle aspettative più recenti. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nel suo ultimo rapporto, dipinge un quadro di crescita rallentata, eroso da un complesso intreccio di fattori geopolitici, finanziari e commerciali. La congiuntura attuale non è semplicemente una correzione ciclica, ma il riflesso di una profonda ristrutturazione dei modelli economici globali.Le barriere commerciali, inasprite da tensioni protezionistiche e da una frammentazione sempre più marcata dell’ordine internazionale, stanno soffocando i flussi di beni e servizi, penalizzando le catene di approvvigionamento e alimentando l’inflazione. Questa erosione del commercio globale, elemento cruciale per la crescita e la prosperità dei paesi industrializzati ed emergenti, si accompagna a una politica monetaria restrittiva, imposta dalle banche centrali per contrastare l’impennata dei prezzi. L’aumento dei tassi di interesse, sebbene necessario per controllare l’inflazione, sta frenando gli investimenti, comprimendo la domanda interna e mettendo a rischio la stabilità finanziaria, in particolare per i paesi con elevato debito pubblico.Il crollo della fiducia, sia tra gli investitori che tra i consumatori, rappresenta un ulteriore aggravante. L’incertezza politica, alimentata da conflitti regionali, instabilità istituzionale e polarizzazione sociale, deprime la propensione al rischio e incide negativamente sulle decisioni di investimento a lungo termine. Questo clima di sfiducia si traduce in una minore disponibilità ad assumere nuovi debiti, a intraprendere progetti innovativi e a sostenere la crescita economica.Le proiezioni dell’OCSE prevedono un rallentamento significativo della crescita globale, passando dal 3,3% nel 2024 a un modesto 2,9% sia nel 2025 che nel 2026. Questo quadro, già preoccupante, si riflette anche sulle prospettive economiche dell’Italia, che vede riviste al ribasso le stime di crescita. Si attende una decelerazione dal 0,7% previsto per il 2024 a un magro 0,6% nel 2025, per poi recuperare parzialmente allo 0,7% nel 2026. La revisione delle stime, rispetto alle precedenti previsioni di marzo, evidenzia una progressiva peggioramento delle condizioni economiche, amplificata da fattori strutturali e congiunturali.Al di là delle cifre, è fondamentale comprendere le implicazioni di questo rallentamento. Un’economia in decelerazione può portare a un aumento della disoccupazione, alla compressione dei salari, alla riduzione degli investimenti e alla diminuzione della capacità di finanziamento dei servizi pubblici essenziali. La sfida per i governi e le banche centrali sarà quella di trovare un equilibrio delicato tra la necessità di controllare l’inflazione e il rischio di deprimere ulteriormente la crescita economica, promuovendo al contempo riforme strutturali che rafforzino la resilienza e la competitività dei paesi. L’innovazione tecnologica, la transizione verso un’economia più verde e l’investimento nel capitale umano rappresentano percorsi cruciali per mitigare i rischi e costruire un futuro più prospero e sostenibile.