Nel corso del 2023, l’esodo di talenti italiani verso le economie dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha mantenuto un ritmo costante, registrando un saldo migratorio di 152.000 individui.
Questa cifra, presentata nel rapporto “Prospettive Migratorie Internazionali dell’OCSE 2025”, solleva interrogativi complessi e merita un’analisi più approfondita rispetto alla mera constatazione statistica.
L’emigrazione italiana, tradizionalmente influenzata da dinamiche socio-economiche complesse, si manifesta oggi in un contesto globale caratterizzato da crescenti disparità di opportunità e da un’evoluzione del mercato del lavoro che richiede competenze specializzate.
La scelta di destinazione, come evidenziato dal rapporto, riflette una combinazione di fattori economici, sociali e culturali.
La Spagna, con il 32% degli emigrati italiani, si conferma una meta privilegiata, attrattiva per le opportunità nel settore turistico, edile e dei servizi, nonché per una relativa vicinanza culturale e linguistica.
La Germania, con il 15%, continua ad attrarre lavoratori qualificati, soprattutto nei settori industriali avanzati e tecnologici, offrendo stipendi competitivi e sistemi di welfare sociale relativamente robusti.
La Svizzera, con il 13%, seduce con la sua economia stabile, l’alta qualità della vita e le opportunità di lavoro nel settore finanziario, farmaceutico e della ricerca.
Tuttavia, l’analisi numerica non esaurisce la complessità del fenomeno.
L’emigrazione italiana non è un flusso omogeneo, ma si articola in diverse correnti: giovani ricercano opportunità di carriera e stipendi più elevati; professionisti qualificati cercano contesti lavorativi stimolanti e all’avanguardia; studenti desiderano accedere a sistemi di istruzione di eccellenza; e, in misura minore, individui in cerca di una migliore qualità della vita o di opportunità imprenditoriali.
La perdita di capitale umano, rappresentata da questa emigrazione continua, pone serie sfide per l’Italia.
Si tratta di una fuga di cervelli che impoverisce il tessuto produttivo nazionale, rallenta l’innovazione e compromette la competitività.
È cruciale che il governo italiano implementi politiche mirate per incentivare la permanenza dei talenti, promuovendo investimenti in ricerca e sviluppo, creando opportunità di lavoro di qualità, semplificando la burocrazia e migliorando il sistema educativo.
Al contempo, è importante considerare anche le implicazioni per i Paesi di destinazione.
L’afflusso di lavoratori italiani contribuisce alla crescita economica e alla diversificazione culturale, ma può anche generare tensioni sociali e competizione per le risorse, richiedendo politiche di integrazione efficaci e sostenibili.
In definitiva, l’emigrazione italiana verso l’OCSE nel 2023 non è solo un dato statistico, ma un sintomo di squilibri strutturali e di una necessità urgente di ripensare le politiche economiche e sociali italiane per favorire la crescita inclusiva e la prosperità condivisa.
L’OCSE, con i suoi dati e le sue analisi, offre uno strumento prezioso per comprendere le dinamiche migratorie e per elaborare soluzioni innovative per affrontare le sfide del futuro.






