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martedì 4 Novembre 2025

Maradona, un tocco magico: Pecci rievoca un gesto iconico.

La memoria affiora come un lampo, un’immagine sfuocata di un’impresa che sfidava le leggi della fisica.
Non era una questione di abilità, ma di una comprensione intuitiva, quasi mistica, del campo da gioco.

Ricordo di avergli offerto un semplice tubetto di vernice, un gesto apparentemente insignificante, e lui, con la sua sicurezza innata, mi invitò a confidare nella sua visione, a superare i limiti imposti dalla ragione.
“Toccala, che ci penso io”.

E la palla, in un arco impossibile, si insinuò nel cuore della difesa avversaria.
Eraldo Pecci, testimone privilegiato di quell’episodio magico, rievoca, a distanza di quattro decenni, il gesto iconico di Diego Armando Maradona, un’esecuzione che trascende la semplice abilità calcistica.

Non era solo un tocco sulla palla, ma una dimostrazione di come il genio, il vero genio, percepisca realtà che sfuggono alla comprensione comune, capace di piegare le regole del possibile.

Maradona non era semplicemente il più talentuoso, il primo in classifica per doti innate; la sua grandezza risiedeva anche nella sua capacità di elevare chi lo circondava.
Ti faceva sentire parte di qualcosa di straordinario, attribuendoti, con una generosità sconfinata, il merito di azioni che erano interamente opera sua.
Questa umiltà, questa capacità di condividere la gloria, lo rendeva un fuoriclasse non solo in campo, ma anche fuori.

Era un amplificatore di talenti, un catalizzatore di emozioni positive.

La riflessione si estende poi al panorama calcistico contemporaneo.

Pecci lamenta la progressiva perdita di quell’eccellenza, la sparizione di figure che incarnavano la stessa magia di Maradona, Falcao o Rummenigge.
L’Italia, un tempo fucina di campioni, sembra essersi relegata in una posizione di secondo piano nel calcio europeo, un’ombra del suo passato glorioso.
Tuttavia, in questo contesto di apparente declino, Pecci intravede una scintilla di speranza.

Ripensa al Leicester, quella squadra che ha sconvolto le gerarchie, dimostrando che, anche in un’epoca dominata da potenze consolidate, il talento inaspettato può emergere.

Forse, il prossimo miracolo calcistico potrebbe nascere dalle fila del Bologna o del Como, squadre che, contro ogni pronostico, potrebbero regalare sorprese e emozioni indimenticabili.
Paradossalmente, questa mediocrità diffusa potrebbe anche rendere il campionato più affascinante, avvicinandolo, in termini di imprevedibilità e suspense, alla Serie B, dove ogni partita è una battaglia incerta, un enigma da risolvere.

La mancanza di dominatori incontrastati alimenta la competizione, accende la passione e mantiene viva la speranza per ogni tifoso, trasformando ogni sfida in un potenziale momento di svolta.
La ricerca del miracolo calcistico, in fondo, è ciò che rende questo sport così irresistibile.

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