La recente vicenda legata al trasferimento di don Giorgio Carli ha lasciato nel tessuto della comunità un senso di turbamento, unita a frustrazione e incertezza.
Come guida spirituale, sento il dovere profondo di assumermi la piena responsabilità di questa situazione, che ha generato incomprensioni e ha riaperto ferite emotive.
Il mio intento è offrire non solo un riconoscimento degli errori commessi, ma anche un impegno concreto verso una cultura della trasparenza e della responsabilizzazione.
Riconosco che la gestione di questo passaggio, le modalità comunicative e le decisioni prese hanno mancato di una sensibilità adeguata, soprattutto nei confronti delle persone più vulnerabili, delle vittime e di coloro che dedicano il proprio impegno nella fede.
Un errore cruciale è stato la sottovalutazione dell’impatto che le mie scelte avrebbero avuto sull’opinione pubblica e sulla percezione di fiducia da parte della comunità.
Esprimo rammarico per non aver comunicato in maniera più esplicita la mia assunzione di responsabilità, sia passata che presente.
La revoca di una decisione, presentata in modo improprio, ha inavvertitamente amplificato divisioni preesistenti, creando una polarizzazione che non era mia intenzione generare.
Questi rimpianti non sono semplici esercizi di autocritica, ma rappresentano il punto di partenza per una riflessione più ampia e per un cambiamento strutturale.
Sono consapevole che i “avrei dovuto” che ho espresso possono apparire come un elenco di mancanze.
Tuttavia, sono necessari per avviare un processo di guarigione e di ricostruzione della fiducia.
Questa presa di coscienza non è un percorso solitario; sono grato per il sostegno e la collaborazione dei membri della curia, che condividono questo cammino di crescita.
Pertanto, ritengo essenziale avviare un percorso di analisi approfondita, condotto da professionisti esperti, che non si limiti a identificare le cause degli errori, ma che suggerisca azioni concrete e misurabili.
Questo processo dovrà essere caratterizzato da trasparenza, coinvolgendo attivamente la comunità e tenendo conto delle diverse prospettive.
La vicenda ha evidenziato una lacuna cruciale nella nostra capacità di affrontare il tema degli abusi sessuali, un argomento complesso e delicato che richiede un approccio multidisciplinare, attento alle dinamiche psicologiche e sociali.
È imprescindibile rafforzare le nostre competenze in questo ambito, promuovendo la formazione del personale ecclesiastico e sensibilizzando i fedeli.
La priorità assoluta deve rimanere la protezione delle persone coinvolte, offrendo loro supporto psicologico, legale e spirituale.
La credibilità non si conquista con proclami, ma con azioni coerenti e comprensibili, con un impegno costante verso la giustizia e la verità.
Solo attraverso un percorso di rinnovamento profondo, basato sulla trasparenza, la responsabilizzazione e l’empatia, potremo riconquistare la fiducia della comunità e costruire un futuro più giusto e sicuro per tutti.
Questo richiede un cambiamento di mentalità, una revisione dei processi e un impegno continuo verso la promozione di una cultura della prevenzione e della protezione.








