La commemorazione del 17 giugno, data che segna l’uccisione di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, due giovani militanti dell’Msi barbaramente assassinati dalle Brigate Rosse in via Zabarella, Padova, si è trasformata in un terreno di confronto acceso, rivelando fratture profonde nel tessuto politico e sociale cittadino. L’evento, che avrebbe dovuto essere un momento di riflessione e memoria collettiva, si è visto offuscato da polemiche che ne hanno amplificato le implicazioni simboliche e le responsabilità istituzionali.Il figlio di Giuseppe Mazzola, presente alla commemorazione, ha espresso pubblicamente il suo sgomento e la sua indignazione per la scelta dell’amministrazione comunale, che aveva delegato la partecipazione all’assessore Francesca Benciolini, responsabile dei quartieri e dei servizi demografici. Questo gesto, secondo il figlio di Mazzola, non rappresenta una semplice formalità, ma un atto di profondo disprezzo nei confronti delle vittime e delle loro famiglie. La critica, ripresa con forza dal segretario cittadino di Fratelli d’Italia, Gabriele Zanon, ha oltrepassato la mera contestazione formale, denunciando una mancanza di rispetto che, a suo dire, si pone a un livello superiore alla negazione stessa dell’accaduto, amplificando il dolore di chi ha subito le conseguenze della violenza brigatista. La risposta da Palazzo Moroni, sede dell’amministrazione Giordani, ha cercato di stemperare la tensione, invocando il rispetto di una circolare prefettizia, che a sua volta discende da direttive del Viminale, la quale limita la partecipazione degli assessori a eventi pubblici indossando la fascia tricolore. Tale provvedimento, si argomenta, è volto a garantire la neutralità e l’imparzialità delle istituzioni in occasioni particolarmente delicate. Nonostante queste spiegazioni, l’amministrazione ha voluto ribadire il profondo rispetto che nutre per la ricorrenza, definendola di “fondamentale valore civico”.L’episodio solleva questioni più ampie sulla gestione della memoria storica in Italia, sul ruolo delle istituzioni di fronte a tragedie del passato e sulla necessità di un confronto sereno e costruttivo tra le diverse sensibilità politiche e sociali. Il gesto di delegare una figura non di primo piano a una commemorazione di tale portata rischia di banalizzare il valore della memoria e di alimentare divisioni che, a distanza di decenni, continuano a condizionare la vita della comunità padovana. La vicenda pone l’accento sulla delicatezza di un equilibrio che deve bilanciare l’onorare le vittime con la necessità di evitare strumentalizzazioni e di promuovere la riconciliazione nazionale. In definitiva, la polemica si configura non solo come un disaccordo formale, ma come un sintomo di una frattura più profonda che attraversa la città e il Paese.