L’apomissia, una forma affascinante di riproduzione asessuata, apre nuove prospettive nella coltivazione di piante e nella garanzia della sicurezza alimentare globale.
Contrariamente alla riproduzione sessuale, che richiede la fusione di gameti maschili e femminili, l’apomissia permette alle piante di generare semi geneticamente identici alla pianta madre, bypassando il processo di impollinazione e fecondazione.
Questo meccanismo, essenzialmente una forma di clonazione vegetale, offre la possibilità di perpetuare inalterati genotipi superiori, rappresentando una frontiera promettente nel panorama delle biotecnologie applicate all’agricoltura.
L’interesse scientifico per l’apomissia risale al XIX secolo, quando osservazioni in vivai botanici come quelli del Kew Gardens a Londra rivelarono la presenza di piante australiane femminili capaci di produrre semi vitali in assenza di piante maschili.
Questo fenomeno, lungi dall’essere un’anomalia, è una strategia riproduttiva antica e diffusa in natura, documentata in oltre trecento specie di angiosperme, con particolare concentrazione nelle famiglie Asteraceae (come le Compositae), Poaceae (le graminacee, tra cui riso e mais), Rutaceae (le piante del genere Citrus) e Rosaceae (le rose e molte piante da frutto).
L’impatto potenziale sull’agricoltura è notevole.
Attualmente, l’ottenimento di sementi ibridi ad alta produttività implica un ciclo continuo di incrocio e selezione, un processo laborioso e costoso.
L’apomissia eliminerebbe questa necessità, permettendo agli agricoltori di riseminare le stesse varietà ad alte prestazioni anno dopo anno, senza perdita di vigore genetico.
Si stima, ad esempio, che l’introduzione di varietà di riso apomittiche potrebbe generare risparmi globali di circa 1,8 miliardi di euro annui, con benefici economici e sociali particolarmente rilevanti per i Paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, l’apomissia è sorprendentemente rara nelle colture alimentari principali.
Gli autori dello studio pubblicato dall’Accademia dei Georgofili suggeriscono che la selezione umana, nel corso del tempo, abbia privilegiato la riproduzione sessuale, in quanto essa incrementa la variabilità genetica e offre una maggiore capacità di adattamento a condizioni ambientali mutevoli.
In realtà, l’apomissia e la riproduzione sessuale non si escludono necessariamente a vicenda; studi recenti suggeriscono che possano coesistere come modalità adattative, con la clonazione che si rivela vantaggiosa in ambienti stabili e la riproduzione sessuale che offre la flessibilità necessaria per superare periodi di stress.
La sfida principale risiede nell’ingegnerizzazione genetica o epigenetica per rendere stabile e controllabile l’apomissia nelle colture esistenti.
Superare queste barriere consentirebbe di fissare genotipi d’élite, ridurre drasticamente i costi di produzione, aumentare la disponibilità di sementi di alta qualità e, in definitiva, contribuire in modo significativo alla sicurezza alimentare globale, offrendo una soluzione sostenibile per rispondere alle crescenti esigenze di una popolazione mondiale in espansione.
Il futuro dell’agricoltura potrebbe dipendere dalla capacità di sfruttare appieno il potenziale nascosto dell’apomissia.