La revisione della legge quadro 157/92, una norma datata che incarna un approccio obsoleto alla gestione del territorio e delle risorse naturali, rappresenta una necessità impellente, non un’opzione ideologica. L’inerzia di una legislazione trentennale, incapace di rispondere alle sfide contemporanee e costantemente in conflitto con le dinamiche ambientali ed economiche in evoluzione, ha generato una situazione di profonda criticità. Nonostante le voci discordanti e le semplificazioni ad effetto mediatico, la necessità di un intervento strutturale è innegabile e supportata da dati concreti.Il tema centrale di questa riforma urgente è la gestione sostenibile della fauna selvatica, in particolare la pressione esercitata da ungulati come i cinghiali, che causa danni significativi al settore agricolo, compromettono la sicurezza stradale e contribuiscono a squilibri ecosistemici. Questi danni non si misurano solo in termini economici, ma anche in termini di perdita di biodiversità e di impatto sulla qualità della vita delle comunità locali.La cronologia della protezione della fauna selvatica in Italia rivela un percorso complesso. Negli anni ’90, la presenza di grandi carnivori era drasticamente ridotta, spingendo verso misure di conservazione. Tuttavia, l’approccio protezionistico, sebbene inizialmente giustificato, ha portato a una sovrappopolazione di alcune specie, generando un nuovo insieme di problemi. È imperativo riconoscere che un modello di conservazione rigido e non contestualizzato può avere conseguenze inaspettate e dannose.La sfida odierna non consiste nel rifiutare a priori qualsiasi forma di allevamento, ma nel trovare un equilibrio dinamico tra la protezione della fauna selvatica e le esigenze produttive delle comunità. Un approccio sensato richiede la capacità di analizzare criticamente le diverse prospettive, evitando scelte polarizzate e mutuamente escludenti. L’affermazione che si debba scegliere tra la difesa del territorio e la difesa della fauna selvatica è un falso dilemma. La gestione sostenibile implica un’integrazione intelligente di entrambe le esigenze, basata su dati scientifici, pianificazione strategica e dialogo costruttivo tra tutti gli stakeholder.La riforma della legge 157/92 non è un atto di aggressione nei confronti della natura, ma un tentativo di riallineare le politiche di gestione del territorio con le reali esigenze del Paese, promuovendo un modello di sviluppo più equo, sostenibile e resiliente. È un atto di responsabilità, in quest’otticamente, la gestione del dibLa vera innovarIl futuro del complesso, non si può e’