L’ostinazione dell’inflazione alimentare rappresenta una sfida persistente per l’economia europea, una nota stonata in un quadro macroeconomico che, sebbene in miglioramento, fatica a cancellare le cicatrici di un recente passato tumultuoso.
Secondo l’analisi più recente della Banca Centrale Europea, i prezzi di cibo e bevande si mantengono significativamente superiori ai livelli pre-pandemici, superando il 30% e sollevando interrogativi sulla sostenibilità del potere d’acquisto delle famiglie.
Pur riconoscendo un progressivo contenimento dell’inflazione generale, attualmente attestata al 2%, la BCE sottolinea la necessità di un’attenta vigilanza sull’andamento dei costi alimentari, considerate la loro influenza determinante nella formazione delle aspettative inflazionistiche e il rischio di innescare dinamiche di “spirale prezzi-salari”.
L’apparente miglioramento del quadro economico europeo contrasta con la percezione diffusa tra i consumatori.
L’esperienza diretta al supermercato rivela aumenti dei prezzi che, a seconda del Paese, oscillano tra il 50% (Paesi baltici) e il 37% (Germania), con l’Italia, Cipro, Finlandia e Francia che si posizionano in una fascia intermedia, ma comunque con incrementi considerevoli rispetto al 2019.
I prodotti lattiero-caseari, in particolare, registrano aumenti più marcati, con il burro che ha visto prezzi impennarsi del 50% su scala europea.
La vulnerabilità di queste fluttuazioni di prezzo è particolarmente accentuata per le famiglie a basso reddito, per le quali la spesa alimentare rappresenta una fetta preponderante del bilancio.
Il sentimento diffuso di impoverimento, palpabile ogni volta che si affronta la spesa quotidiana, si traduce in una preoccupazione concreta: la paura di non poter più permettersi un’alimentazione adeguata.
L’analisi della BCE evidenzia che l’impatto dei tassi d’interesse, pur avendo contribuito a frenare l’inflazione, si è rivelato insufficiente a contenere i costi alimentari.
Questo perché l’aumento dei prezzi è il risultato di un complesso intreccio di fattori globali, che vanno ben oltre la politica monetaria.
Tra questi, spiccano l’incremento dei salari nei Paesi emergenti, che stimola la domanda di prodotti agricoli a livello mondiale; la stagnazione della produttività agricola nei paesi sviluppati, aggravata da fattori strutturali e tecnologici; e, in modo sempre più pervasivo, gli effetti del cambiamento climatico, con conseguenti impatti sulla resa delle colture e sulla stabilità delle filiere agroalimentari.
La situazione richiede un approccio olistico e multidisciplinare, che coinvolga politiche agricole sostenibili, investimenti in innovazione tecnologica per migliorare l’efficienza della produzione alimentare, e misure di sostegno mirate alle famiglie più vulnerabili.
La resilienza del sistema alimentare europeo e la tutela del potere d’acquisto dei cittadini dipendono dalla capacità di affrontare queste sfide complesse con determinazione e lungimiranza.