La fermentazione, processo biologico ancestrale e intrinsecamente legato all’evoluzione umana, si rivela oggi un pilastro fondamentale per la sostenibilità alimentare e un vettore di innovazione nutrizionale.
Lungi dall’essere relegata a preparazioni tradizionali come yogurt, insaccati o crauti, o a bevande come caffè e cioccolata, la fermentazione permea una quota sorprendentemente elevata della nostra alimentazione, specialmente nelle diete mediterranee, dove incide tra il 20% e il 50% degli alimenti consumati.
Questa percentuale si eleva significativamente, raggiungendo il 70%, nella dieta giapponese, riconosciuta per la sua virtuosa combinazione di nutrienti e per il suo impatto positivo sulla salute.
Secondo Marco Gobbetti, esperto di Microbiologia degli Alimenti, la fermentazione rappresenta una biotecnologia “verde” per eccellenza, in grado di trasformare materie prime in prodotti alimentari e bevande con un impatto ambientale ridotto.
Il processo, che consiste nell’inoculo di microrganismi benefici, sfrutta meccanismi naturali già presenti nell’ambiente e si caratterizza per la sua economicità, versatilità e capacità di promuovere un’economia circolare.
A differenza dei metodi industriali convenzionali, la fermentazione consente di valorizzare anche scarti e sottoprodotti, trasformando potenziali rifiuti in risorse preziose.
La ricerca all’avanguardia nel campo della microbiologia alimentare, come quella guidata da Gobbetti, non solo fornisce i microrganismi necessari per la trasformazione degli alimenti, ma anche le conoscenze scientifiche per ottimizzare i processi e massimizzare i benefici nutrizionali.
Un focus particolare è rivolto all’utilizzo del lievito madre per il recupero di scarti derivanti dalla macinazione dei cereali, dalla panificazione e dalla produzione di pasta, affrontando così una sfida cruciale: l’enorme quantità di pane che finisce per essere incenerita (circa il 10% della produzione totale).
Attraverso un pretrattamento enzimatico e l’utilizzo mirato del lievito madre, questo scarto può essere convertito in nuovi ingredienti adatti sia alla panificazione che alla produzione di pasta.
Inoltre, la ricerca esplora l’integrazione di fonti proteiche non convenzionali, come legumi, pseudo-cereali, alghe e funghi, al fine di ridurre la dipendenza da proteine di origine animale.
Queste alternative, spesso più sostenibili e nutrienti, possono essere utilizzate in sostituzione parziale delle proteine tradizionali, contribuendo a diversificare l’alimentazione e a mitigare l’impatto ambientale della produzione alimentare.
La fermentazione, in questo contesto, non solo migliora la digeribilità e la biodisponibilità di queste proteine, ma ne esalta anche il profilo nutrizionale, aprendo nuove prospettive per l’innovazione alimentare e per la creazione di alimenti più sani e sostenibili.