L’Alcol tra Salute Pubblica e Patrimonio Culturale: Un Dibattito ApertoUn acceso confronto si infiamma nel panorama italiano, contrapponendo la necessità di una comunicazione trasparente sui rischi associati al consumo di alcol e la salvaguardia di un patrimonio culturale, economico e identitario profondamente radicato nella storia del paese.
Al centro della disputa, lo psichiatra Adelmo Di Salvatore, sostenitore di un’etichettatura più rigorosa per bevande alcoliche, e il mondo vitivinicolo, che vede nel suo approccio una minaccia alla tradizione e all’economia.
Di Salvatore, con il supporto di Enrico Baraldi e Alessandro Sbarbada, nel suo volume “Vino – Diverse etichette, le avvertenze negate”, radicalizza la discussione, equiparando vino, birra e superalcolici a sostanze tossicogene e potenzialmente cancerogene.
La proposta, controversa, suggerisce l’adozione di avvertenze sanitarie paragonabili a quelle presenti sui pacchetti di sigarette, un segnale chiaro e inequivocabile sui rischi connessi al consumo.
Questa posizione si pone in netto contrasto con la recente decisione della commissione Agricoltura della Camera, che ha respinto l’introduzione di diciture come “il vino fa male alla salute” o “non va consumato in gravidanza”, una decisione percepita come contraddittoria alla luce del rigore imposto dal Codice della Strada agli under 21.
La critica si concentra sull’alcol etilico, componente intrinseca di ogni bevanda alcolica, definito non semplicemente un ingrediente, ma un “veleno cellulare” legato a una vasta gamma di patologie, con costi sanitari e sociali che superano di gran lunga i profitti generati dal settore.
L’idea che un consumo moderato e di alta qualità possa mitigare questi rischi viene considerata priva di basi scientifiche solide.
La risposta dal mondo vitivinicolo è immediata e veemente.
Angelo Radica, presidente dell’Associazione nazionale Città del Vino, afferma che il vino non è intrinsecamente dannoso; il pericolo risiede nell’abuso.
Coldiretti Abruzzo, con i suoi presidenti Pietropaolo Martinelli e Pier Carmine Tilli, denuncia un tentativo di delegittimazione di un prodotto simbolo della regione, frutto del lavoro di generazioni di viticoltori e motore di sviluppo economico.
L’equazione tra vino e droga viene percepita come un’offesa a chi crea valore, tradizione e prosperità.
Coldiretti sottolinea che i rischi sono legati esclusivamente agli eccessi, difendendo la centralità del vino nella dieta mediterranea e nel tessuto sociale abruzzese.
L’assessore regionale all’Agricoltura, Emanuele Imprudente, condivide questa visione, ribadendo l’importanza del vino come parte integrante della storia, dell’economia rurale e dell’identità abruzzese.
Si tratta, per lui, di un elemento vitale del paesaggio culturale e gastronomico italiano, che va tutelato e valorizzato.
Il dibattito solleva questioni complesse, che vanno oltre la semplice valutazione dei rischi per la salute.
Riguarda la tutela di un patrimonio culturale immateriale, la salvaguardia di un settore economico di primaria importanza e la necessità di comunicare in modo efficace e responsabile sui pericoli legati al consumo di alcol, senza ledere un’identità che affonda le sue radici nella storia e nella tradizione del paese.
Trovare un equilibrio tra questi obiettivi rappresenta una sfida cruciale per il futuro del vino italiano.



