L’urgenza di un’azione climatica decisa si fa ancora più impellente, superando la fase delle dichiarazioni di intenti e approdando in un’azione concreta e misurabile.
La Cop30, in svolgimento a Belém, nel cuore dell’Amazzonia, si presenta come un crocevia cruciale, ma rischia di rivelarsi un mero esercizio formale se non accompagnata da un cambiamento radicale di mentalità e di pratiche.
Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia, sottolinea con fermezza che la crisi climatica trascende ogni confine geopolitico e ideologico, configurandosi come una sfida esistenziale per l’umanità.
La gravità della situazione impone interventi tempestivi e incisivi, non solo per la riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche per la promozione di modelli di sviluppo che integrino la transizione energetica con una profonda trasformazione dei nostri stili di vita, delle pratiche di produzione e dei modelli di consumo.
È necessario un cambio di paradigma che metta al centro la sostenibilità ambientale, la tutela delle foreste primarie, la preservazione della fertilità del suolo e la rigenerazione degli ecosistemi danneggiati.
Il rischio, però, è che la questione climatica venga marginalizzata, eclissata da conflitti internazionali, da politiche militariste e da narrazioni negazioniste che la dipingono come un’invenzione dell’ambientalismo militante o addirittura una sofisticata truffa.
Questa svalutazione è pericolosa e distrae dall’effettivo impegno necessario.
Come evidenzia Francesco Sottile, vicepresidente di Slow Food Italia, la soluzione alla crisi climatica non può prescindere da un ripensamento radicale dei sistemi alimentari.
Serve un modello agricolo capace di nutrire la popolazione globale senza impoverire le risorse naturali e compromettere il futuro del pianeta.
La rigenerazione degli ecosistemi, la difesa della biodiversità – non solo quella agricola, ma anche la varietà dei paesaggi e delle culture legate all’alimentazione – costituiscono elementi strutturali di questa nuova visione.
I sistemi alimentari contemporanei si trovano a essere contemporaneamente responsabili e vittime della crisi climatica.
Slow Food Italia è convinta che possano, tuttavia, rappresentare anche la chiave di volta per un futuro sostenibile, ma solo se fondati sui principi del “buono, pulito e giusto”.
Ciò implica un’attenzione particolare alla qualità del cibo, alla sua produzione sostenibile e alla sua equa distribuzione.
Un passaggio cruciale è l’abbandono definitivo della dipendenza dei sistemi alimentari dai combustibili fossili.
L’utilizzo massiccio di fertilizzanti sintetici, erbicidi e pesticidi non solo inquina l’ambiente e compromette la salute del suolo, ma è intrinsecamente legato all’estrazione e all’utilizzo di combustibili fossili per la loro produzione.
Rompere questo legame è essenziale per costruire un sistema alimentare veramente sostenibile e resiliente, capace di affrontare le sfide del futuro e di garantire la sicurezza alimentare per tutti.
È necessario un impegno globale, che coinvolga governi, imprese, comunità locali e singoli cittadini, per accelerare questa transizione e per costruire un futuro in cui l’alimentazione sia al servizio della vita e del pianeta.



