La complessa situazione della pesca nel Mar Tirreno, già segnata da una stagione di incertezze, si appesantisce con un fermo aggiuntivo di un mese, destinato ad avere ripercussioni economiche significative per l’intera filiera.
Questo provvedimento, imposto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Masaf) per sanare uno sforamento dei giorni di pesca precedentemente concessi e scongiurare una sospensione totale dell’attività fino alla fine dell’anno – una misura drasticamente proposta dall’Unione Europea – rischia di erodere tra i 25 e i 26 milioni di euro, escludendo l’indotto generato dall’attività.
Il valore complessivo della pesca tirrenica, come stimato da Confcooperative Fedagripesca, si aggira tra i 160 e i 230 milioni di euro annuali, rendendo la gravità di questa situazione ancor più evidente.
L’impatto si distribuisce in modo disomogeneo tra le regioni costiere: la Sicilia, con la sua considerevole flotta di strascico (circa il 32% del totale) e la vasta estensione delle aree di pesca (46% del tirrenico), è particolarmente esposta.
Anche la Toscana, fulcro della pesca centro-settentrionale con il 15% della flotta e il 22% dell’area tirrenica, e il blocco Campania-Lazio, che insieme rappresentano il 17% della flotta e il 24% dell’area di pesca, con la Campania che riveste un peso quasi doppio rispetto al Lazio, subiranno conseguenze rilevanti.
Dietro questa decisione, complessa e potenzialmente destabilizzante, si cela una preoccupazione crescente per la salute degli stock ittici, in particolare del nasello.
La Commissione Europea ha identificato questa specie come soggetta a sovrasfruttamento nel bacino tirrenico, con ripercussioni sull’ecosistema marino nel suo complesso.
Paradossalmente, il nasello è un prodotto molto apprezzato dai consumatori italiani, con un sondaggio Fedagripesca che rivela che ben sette italiani su otto lo consumano regolarmente, evidenziando una frattura tra le esigenze di gestione sostenibile delle risorse e le abitudini alimentari consolidate.
La negoziazione con le istituzioni europee, sostenuta dall’intervento del Masaf, ha permesso di evitare misure ancora più drastiche, ma ha inevitabilmente imposto nuove limitazioni anche alla pesca artigianale e all’uso di palangari, attività tradizionali e fondamentali per la salvaguardia del patrimonio culturale e gastronomico locale.
Si auspica, pertanto, una revisione del Regolamento Feampa (Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura), che tenga conto delle istanze provenienti dal settore e includa le domande di demolizione ancora pendenti, come passo verso una gestione più equa e sostenibile.
Nell’immediato, si rende urgente l’implementazione di misure di sostegno economico per le cooperative che operano nei mercati ittici e forniscono servizi agli armatori.
Due mesi senza reddito rappresentano un fardello insostenibile per molte realtà, mettendo a rischio la sopravvivenza di intere comunità costiere.
È altresì fondamentale prevedere interventi mirati a favore delle attività di pesca diverse dallo strascico, affinché possano condividere responsabilmente l’onere della sostenibilità, promuovendo una transizione graduale verso modelli di pesca più rispettosi dell’ambiente e delle risorse disponibili.
La sfida cruciale è quella di conciliare le imperativi di conservazione e le necessità economiche, trovando soluzioni innovative e collaborative che tutelino il futuro della pesca nel Mar Tirreno.



