L’incremento preoccupante dell’incidenza del cancro colorettale a esordio precoce, fenomeno particolarmente accentuato nelle nazioni ad alto reddito come gli Stati Uniti, desta l’attenzione della comunità scientifica e impone un’analisi approfondita dei fattori di rischio modificabili.
Una ricerca condotta dalla Harvard T.
H.
Chan School of Public Health, pubblicata su *Jama Oncology*, solleva un campanello d’allarme cruciale: un consumo elevato di alimenti ultra-processati è associato a un aumento significativo, fino al 45%, della probabilità di sviluppare polipi intestinali prima dei 50 anni.
L’evoluzione del panorama alimentare contemporaneo è inequivocabile.
Gli alimenti ultra-processati, definiti come prodotti industriali complessi caratterizzati da una lunga lista di ingredienti, spesso includenti additivi, aromi artificiali, emulsionanti e conservanti, rappresentano oggi quasi il 60% dell’apporto energetico della popolazione statunitense.
Questa tendenza, parallela all’aumento dei casi di cancro colorettale a esordio precoce, suggerisce un’associazione potenzialmente causale che merita un’indagine rigorosa.
Lo studio in questione, basato sull’analisi retrospettiva dei dati di un ampio studio di coorte comprendente 29.000 partecipanti, ha mirato a stabilire se esistesse una correlazione tra l’assunzione di alimenti ultra-processati e la presenza di lesioni precancerose nel colon-retto.
L’attenzione si è concentrata sugli adenomi convenzionali, formazioni polipoidi benigne che, pur non rappresentando immediatamente una minaccia, possono, nel tempo, subire trasformazioni maligne e evolvere in tumore.
I risultati hanno evidenziato un aumento marcato del rischio in coloro che consumano regolarmente alimenti ultra-processati, un dato che supporta l’ipotesi di un impatto negativo sulla salute intestinale.
È importante sottolineare che la ricerca non ha riscontrato una correlazione significativa tra l’assunzione di alimenti ultra-processati e la presenza di lesioni seghettate, considerate generalmente precancerose.
Questa specificità suggerisce che i meccanismi alla base dell’associazione tra alimenti ultra-processati e adenomi potrebbero essere complessi e distinti da quelli che conducono alla formazione di lesioni più avanzate.
Per escludere possibili fattori confondenti, i ricercatori hanno effettuato un’attenta analisi statistica, controllando l’effetto di altri elementi dietetici, come l’apporto di fibre.
Il risultato è che l’associazione tra alimenti ultra-processati e polipi intestinali rimane statisticamente significativa, anche dopo aver tenuto conto di queste variabili.
Le implicazioni di questa ricerca sono profonde e suggeriscono un approccio dietetico mirato alla prevenzione del cancro colorettale.
Ridurre il consumo di alimenti ultra-processati, privilegiando una dieta ricca di alimenti integrali, frutta, verdura e legumi, potrebbe rappresentare una strategia efficace per minimizzare il rischio di sviluppare adenomi e, potenzialmente, ridurre l’incidenza del cancro colorettale a esordio precoce.
Questa raccomandazione si inserisce in un contesto più ampio di promozione di scelte alimentari sane e sostenibili, che vadano a beneficio non solo della salute individuale, ma anche dell’ambiente e della società nel suo complesso.
Ulteriori ricerche sono necessarie per chiarire i meccanismi biologici sottostanti a questa associazione e per identificare interventi dietetici ottimali per la prevenzione del cancro colorettale.



