L’industria brassicola italiana, pilastro dell’economia nazionale e portatrice di un indotto diffuso, sollecita un intervento mirato nella prossima Legge di Bilancio 2026: una lieve, ma potenzialmente significativa, riduzione delle accise sulla birra, da 2,99 a 2,97 euro per ettolitro e Grado Plato.
Questo intervento, con un impatto finanziario stimato in 4,7 milioni di euro nel 2026, si configura come un investimento strategico, volto a rafforzare un comparto che, ben al di là del semplice prodotto finito, incarna un modello di sviluppo economico sostenibile e di creazione di valore distribuito.
Il settore birrario italiano non si limita a generare un volume d’affari considerevole, pari a 10,4 miliardi di euro di valore condiviso, ma rappresenta un vero e proprio motore occupazionale.
A fronte di circa 112.000 addetti diretti, la filiera birraria crea, a cascata, un impatto moltiplicatore che si traduce in ben 31 posti di lavoro per ogni lavoratore impiegato nella produzione.
Questa dinamica evidenzia come la vitalità del settore brassicola sia intrinsecamente legata alla prosperità di numerosi altri comparti economici, dall’agricoltura alla logistica, dalla produzione di imballaggi al turismo enogastronomico.
Considerando un decennio, l’apporto economico della birra italiana si quantifica in ben 92 miliardi di euro, accompagnato dalla creazione di 24.000 nuovi posti di lavoro.
Questo dato riflette la capacità del settore di adattarsi ai cambiamenti del mercato, di innovare in termini di prodotti e processi produttivi e di rispondere alle nuove esigenze dei consumatori, sempre più attenti alla qualità, alla sostenibilità e alla tracciabilità.
Il contributo fiscale del settore è altrettanto significativo.
Annualmente, l’industria brassicola riversa nelle casse dello Stato circa 4 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi derivano dall’IVA e 689 milioni dalle accise nel solo 2024.
La diminuzione proposta, pur contenuta, libererebbe risorse finanziarie che le aziende potrebbero reinvestire in innovazione, ricerca e sviluppo, migliorando la competitività del prodotto “Made in Italy” sui mercati internazionali e consolidando la sua reputazione di eccellenza.
In definitiva, si tratta di un piccolo gesto con un potenziale impatto positivo sulla crescita economica, sull’occupazione e sulla competitività del sistema Italia.



