L’intervento del Primo Ministro della Groenlandia, Jens-Frederik Nielsen, al Parlamento europeo a Strasburgo, ha rappresentato un’istanza urgente e articolata, che va ben oltre la mera difesa di un’attività economica.
Nielsen ha posto l’accento su una questione di identità, sopravvivenza culturale e autonomia di un popolo legato indissolubilmente al suo ambiente artico.
La pesca, da secoli fulcro della vita groenlandese, continua a sostenere l’economia e a garantire il sostentamento delle comunità sparse lungo le coste dell’isola.
Ma parallelamente, la caccia alle foche, attività profondamente radicata nel tessuto sociale e culturale inuit, assume un significato ancora più profondo.
La caccia non è semplicemente una fonte di reddito; è un sistema di conoscenza ancestrale, un pilastro della resilienza culturale che si tramanda di padre in figlio, di madre in figlia, preservando tecniche e pratiche che incarnano una profonda connessione con la natura.
Rappresenta la trasmissione di saperi cruciali per la sopravvivenza in un ambiente ostile, dove la conoscenza del territorio, dei suoi ritmi e delle sue risorse è vitale.
La caccia alle foche incarna la capacità di adattamento e la profonda conoscenza dell’ecosistema artico, competenze essenziali per la prosperità e la stabilità delle comunità locali.
Il divieto imposto dall’Unione Europea sull’importazione di prodotti derivati dalla foca ha provocato conseguenze devastanti, non solo in termini economici, ma anche in termini di erosione culturale.
La riduzione drastica dell’offerta interna e delle esportazioni ha minato la sostenibilità delle attività di caccia, mettendo a rischio la trasmissione di conoscenze tradizionali e danneggiando l’identità culturale inuit.
Questo divieto, apparentemente volto a tutelare il benessere animale, si è rivelato una misura controproducente, ignorando la complessità del rapporto tra l’uomo e l’ambiente artico e le specificità delle comunità locali.
Nielsen ha esortato la Commissione Europea a riesaminare il regolamento in questione, auspicando modifiche che possano alleviare le conseguenze negative che la Groenlandia sta affrontando.
L’istanza non è una richiesta di privilegio economico, ma una rivendicazione del diritto all’autodeterminazione culturale, alla preservazione di un’identità unica e alla possibilità di perseguire un percorso di sviluppo sostenibile, basato sulla valorizzazione delle proprie risorse e sulla tutela del proprio patrimonio culturale.
Si tratta, in definitiva, di riconoscere che la cultura non è un mero retaggio del passato, ma un elemento dinamico e vitale per il futuro della Groenlandia.
La discussione non riguarda solo pelli di foca, ma la possibilità per un popolo di continuare ad essere se stesso.



