La prospettiva di un dazio del 30% imposto dagli Stati Uniti sul vino italiano, e in particolare sul Brunello di Montalcino, rappresenta un rischio sistemico per l’intero comparto vitivinicolo nazionale. La misura, se confermata, non si tradurrebbe in una semplice imposta, ma in un vero e proprio acceleratore di incertezza, potenzialmente destabilizzante per un settore già fragile, con gli Stati Uniti a costituire una quota preponderante (oltre il 30%) delle esportazioni di Montalcino.Giacomo Bartolommei, presidente del Consorzio del Brunello, ha espresso con chiarezza la sua preoccupazione, sottolineando come una simile imposizione commerciale si ponga in antitesi con gli obiettivi di crescita e sviluppo sostenibile del settore. Bartolommei rigetta a priori l’auspicio di interventi economici diretti, riconoscendone l’inefficacia e il potenziale di distorsione del mercato. Un sostegno finanziario, infatti, rischierebbe di creare una dipendenza artificiale e di offuscare le reali dinamiche competitive.La soluzione, secondo Bartolommei, risiede unicamente in un’azione diplomatica risolutiva, volta a rimuovere ogni ostacolo commerciale e a garantire la libertà di operare per le aziende, lontane da conflitti protezionistici e guerre tariffarie. L’attuale situazione è aggravata da una serie di dazi pregressi, che hanno già contribuito a comprimere i margini e a generare un clima di profonda incertezza.Il fenomeno delle “anticipazioni” di spedizioni, ovvero l’accelerazione delle esportazioni in risposta alla mera minaccia di un dazio, ha generato distorsioni significative. La prima ondata, precedente all’introduzione del 10%, era volta a eludere l’imposta imminente. La seconda, successiva al 10%, rifletteva un tentativo di mitigare i primi effetti. Oggi, tuttavia, l’instabilità radicale, derivante dalla continua oscillazione delle politiche commerciali, paralizza i piani degli importatori, privandoli della capacità di programmare adeguatamente le proprie attività.La continua incertezza non solo danneggia le aziende, ma mina la credibilità del Made in Italy e la sua capacità di costruire relazioni commerciali durature. È imperativo che la diplomazia si attivi con urgenza, salvaguardando la stabilità e la prosperità dell’intero settore vitivinicolo italiano e, più in generale, dell’economia nazionale, che risente pesantemente da tali fluttuazioni. La salvaguardia della qualità, dell’autenticità e della competitività del vino italiano passa necessariamente attraverso un impegno diplomatico costante e risolutivo.