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venerdì 5 Dicembre 2025

Dieta Mediterranea a rischio: un patrimonio da difendere.

Il 16 novembre 2025 segnerà un quindicesimo anniversario di eccezionale significato: il riconoscimento ufficiale, da parte dell’UNESCO, della Dieta Mediterranea come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Un traguardo che la Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) richiama con rinnovata urgenza, non solo per celebrare un modello alimentare universalmente riconosciuto per la sua salubrità e sostenibilità, ma per riaccendere l’attenzione su un fenomeno preoccupante: la sua progressiva erosione.

La Dieta Mediterranea non è semplicemente una combinazione di alimenti; è un complesso ecosistema di pratiche agricole, tradizioni culinarie, rituali sociali e valori antropologici che si tramandano di generazione in generazione nelle comunità che si affacciano sul Mar Mediterraneo.
Questo patrimonio condiviso ha ricevuto il plauso e il supporto di istituzioni globali come la FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che ne riconoscono i benefici in termini di salute umana e ambientale.
Gli studi scientifici ne hanno comprovato gli effetti positivi sulla longevità e sulla prevenzione di malattie croniche devastanti come le patologie cardiovascolari, il diabete, diversi tipi di cancro e le malattie neurodegenerative, oltre a contribuire alla salvaguardia degli ecosistemi.

Tuttavia, nonostante la consolidata base scientifica e i benefici tangibili, la Sinu esprime profonda inquietudine.
L’adesione a questo modello alimentare, lungi dall’aumentare, sta diminuendo, soprattutto tra i giovani, coloro che rappresentano il futuro.
Negli ultimi dieci anni si è assistito a un declino allarmante, con una piena conformità al modello alimentare che, in media, non supera il 50% anche nei paesi natali della tradizione.
Questa deriva non è un semplice cambiamento di gusti, ma un sintomo di trasformazioni più profonde che investono le nostre società.
Le ragioni di questo fenomeno sono molteplici e interconnesse, come evidenziato dalla presidente della Sinu, Anna Tagliabue.

Le differenze culturali e ambientali, che rendono l’applicazione uniforme del modello difficile, si intrecciano con mutamenti nelle economie agricole, che spesso privilegiano la quantità alla qualità, e con politiche alimentari che non sempre promuovono scelte sane.

La scarsa accessibilità a cibi freschi e di stagione, unita alla crescente domanda di soluzioni alimentari rapide e convenienti, contribuisce a rendere la Dieta Mediterranea meno attrattiva.

A queste problematiche si aggiungono le influenze delle dinamiche globali.
L’urbanizzazione, che allontana le persone dalla terra e dalle tradizioni agricole, l’insicurezza alimentare, che costringe a scelte basate sul costo piuttosto che sulla nutrizione, i flussi migratori, che portano con sé nuove abitudini alimentari, e soprattutto, l’esplosione dell’industria alimentare che produce alimenti ultra-processati, ricchi di zuccheri, grassi saturi e additivi, e poveri di nutrienti essenziali, rappresentano una sfida sempre più complessa.
Questi prodotti, facilmente reperibili e spesso commercializzati in modo aggressivo, si insinuano nelle nostre abitudini alimentari, erodendo gradualmente i principi fondamentali della Dieta Mediterranea.

Riconquistare e rafforzare questo patrimonio culturale e alimentare non è solo una questione di salute pubblica, ma un imperativo per la salvaguardia della nostra identità, della biodiversità e della sostenibilità del nostro pianeta.
Richiede un impegno collettivo, che coinvolga istituzioni, scuole, famiglie, produttori e consumatori, per promuovere un’educazione alimentare consapevole, sostenere l’agricoltura locale e incentivare la riscoperta dei sapori autentici del Mediterraneo.

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